A Ginestra: fra gli albanesi di Lucania – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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A Ginestra: fra gli albanesi di Lucania

20 Gennaio 2012 – Càpita di essere invitati in un paese della Basilicata e scoprire un nuovo mondo: quello degli arberesh del sud Italia, ovvero gli albanesi che nel 1400 fuggirono dalla loro patria, perché sulle loro terre infuriava la guerra contro le invasioni ottomane e l’eroe nazionale Giorgio Kastriota Skanderbeg ne frenava con onore l’avanzata (difese l’Albania per 20 anni!).
Càpita di trovarsi in Lucania in un paese ove le strade hanno due nomi (uno in italiano e uno in albanese), le persone parlano italiano ma anche l’albanese antico ed il patrono arriva dall’oriente ed è la Madonna di Costantinopoli.

Capita di trovare un altare e un’area verde dedicata a Madre Teresa di Calcutta (che per chi non lo sapesse è l’albanese) e i cartelli turistici in due lingue e una Chiesa di mosaici bizantini.
Questo luogo è Ginestra (NderZhure), in provincia di Potenza, un comune albanofono della Basilicata, una delle comunità etniche con Comune-capofila San Paolo Albanese, per iniziativa delle”Pro Loco Unite” di Ginestra (Zhurjan) , Maschito (Frà R. Adduca), Barile. Ginestra ha questo nome perchè un dì, quattro secoli fa, porgeva al visitatore folti boschi e distese di ginestre gialle; laggiù, un tempo, le donne filavano queste piante e gli uomini coltivavano le viti per il vino, l’ulivo per l’olio e il grano per il pane, stretti in una comunità che non si sarebbe integrata con le popolazioni locali, gli “Zhurian”, fino a scomparire ma avrebbe conservato nel tempo le proprie abitudini e tradizioni; perché Ginestra è una colonia antica, di gente che arrivava da Scutari, città a nord dell’Albania, e fuggiva dai turchi portando con sé il rito ortodosso -abolito solo nel XVII sec- e quelle pietre con cui avrebbe costruito la Chiesa che c’è ancora oggi.

La popolazione di Ginestra ha strenuamente conservato le tradizioni balcaniche e l’ attenzione alla Storia e così domenica ha celebrato con un convegno il 544 esimo anniversario della morte di Giorgio Castriota Skanderbeg, l’eroe nazionale degli albanesi di Albania e di quelli ormai “italiani”. All’incontro, dal titolo “Giorgio Kastriota Skanderbeg: faro per l’umanità”, a Ginestra c’era anche l’erede diretto del condottiero albanese, il Principe Giorgio Maria Castriota Scanderbeg del ceppo partenopeo della dinastìa dell’Athleta Christi, un signore garbato, che nella vita di tutti i giorni è direttore di banca. Una presenza che ha emozionato la comunità: anche in Albania, come in Basilicata, il Principe è sempre accolto dalla gente con onore e cordiale rispetto. Una presenza importante per sottolineare l’attualità del senso di appartenenza ad una storia vera, viva che rinsaldando le sue radici può fare da volano per il futuro di una comunità orgogliosa del proprio passato. Un passato ricco di costumi, usi antichi e protetti dalle intemperie della modernità in ragione di valori sempre degni: l’ospitalità, i legami parentali, il lavoro su una terra bellissima ma non sempre facile. Un passato che qui ha ancora una lingua coniugata al presente: quella albanese antica che in Albania ormai non si usa più…(esiste anche uno sportello linguistico).

In questo luogo càpita così di condividere una giornata con il discendente dell’eroe nazionale del paese delle aquile ( e che è anche un principe), e di ricordarsi quanto l’Italia e l’Albania non solo siano legate, ma si compenetrino, diventando un solo paese nel reciproco rispetto delle origini.
Oggi gli Arbaresh sono circa centomila in Italia, distribuiti in una cinquantina di comunità e il loro tributo alla nostra storia e cultura è da sempre rilevante (giusto per citarne un paio: Antonio Gramsci e Francesco Crispi). Le origini albanesi traspaiono anche dai cognomi che iniziano per sca come Scalfaro, o come i vari Buzi, Buci, Boci.
Purtroppo però l’impegno di molti a preservare il rispetto dell’identità arberesh rischia di esaurirsi nel tempo, nel giro di poche generazioni. “Molti giovani non imparano più la lingua” spiega Donato Michele Mazzeo, presidente del Comitato 544 e organizzatore del convegno, già assessore alla cultura di Barile, e infatti molti lasciano il paese, molti non sembrano interessati, altri rispondono con un’alzata di spalle. Alcuni invece restano: per aiutare queste comunità straordinarie a continuare la loro battaglia contro il tempo, contro la modernità ad ogni costo, contro il nuovo che spazza via la tradizione solo perchè non è di moda.

Rosita Ferrato

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