Raja Ben Slama, una femminista araba coraggiosa – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa

Raja Ben Slama, una femminista araba coraggiosa

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Incontro Raja Ben Slama nella sua casa di villeggiatura, sulla costa. È un giorno particolarmente caldo, ma il cielo è terso e il mare bellissimo. Mi accoglie con gentilezza e garbo; ha gli occhi che brillano e l’aria contenta, una voce dolce da ragazzina che spesso si abbassa in un sussurro. Questa donna, dall’aria soddisfatta della vita e che sembra prendere tutto con umorismo e leggerezza, è in realtà una leonessa. Definita la nemica numero uno dagli islamisti tunisini, è colei che il leader di Ennadha, Rachid Gannouchi, ha dichiarato di voler vedere “impiccata in piazza”. Docente di letteratura all’università di Tunisi, è una delle femministe arabe più coraggiose e intellettualmente dotate nel panorama odierno.

Madame, ci parli di lei
Insegno all’Università letteratura degli studi femminili di genere e parallelamente ho una formazione psicanalitica, grazie a studi intrapresi nel 2002, subito dopo avere terminato la mia tesi sull’amore nella tradizione arabo islamica. Nel 2005 con mio marito, che lavora sui diritti umani, ci siamo trasferiti temporaneamente in Egitto, dove siamo stati cinque anni. È lì che sono diventata psicanalista e ho iniziato ad esercitare la professione tra il 2007-2008, ascoltando soprattutto donne perché, come penso anche in Europa, sono loro che si affidano di più alla psicanalisi.

Tutto questo mi ha permesso di conoscere molti dettagli e segreti sulla società egiziana (sorride). Ho anche frequentato un master di psicanalisi in Francia. Quando è scoppiata la rivoluzione in Tunisia è stata una svolta nella mia vita; sono rientrata in patria, e ho dedicato più tempo all’attività pubblica che alla ricerca. Ora inizia a pesarmi, comincio ad aver voglia di scrivere e di pubblicare dei libri, degli articoli di opinione: qui abbiamo avuto il martirio di Chokri Belaid, degli assassinii politici, è stato un momento molto duro per i tunisini, e anche per me. Prima di morire Belaid aveva detto, come si dice qua, che “bisogna alzarsi in piedi e occuparsi del proprio paese”.

Quindi, dopo l’ultima di queste uccisioni (si commuove), si è combattuto l’inizio di un regno di teocrazia fascista che siamo riusciti ad evitare. Anche se, dopo le elezioni, il primo ministro islamista ha avuto un lapsus e invece di dire ‘la nostra giovane democrazia, ha detto ‘la nostra giovane dittatura’. Visto che lei è scrittrice, dovrebbe essere sensibile alle questioni linguistiche e ai lapsus: a me in quanto psicoanalista interessano e ci lavoro molto. E’ stato molto significativo riguardo le intenzioni degli islamisti.

C’è stata una vera e propria lotta che è finita bene, anche se abbiamo pagato un prezzo pesante sul piano economico, simbolico, e c’è stata anche la violenza, con gli assassinii politici e il terrorismo, ma infine penso che ci stiamo incamminando verso una vera democrazia. Abbiamo una costituzione democratica, praticamente moderna.

A proposito della costituzione, ho letto che nella nuova stesura vi saranno degli elementi di novità e verrà riconosciuta la parità fra uomo e donna.
Per questo si è lottato molto, ci sono state decine di manifestazioni, di sit-in davanti alla Costituente, si è combattuto per avere l’uguaglianza e non solo la complementarietà della donna rispetto all’uomo come proponeva l’Ennadha. Perché per gli islamisti l’uguaglianza politica fra uomo e donna non è un problema, ma è nella famiglia che non va bene, perché è soprattutto nella famiglia che la donna non può essere pari all’uomo, in quanto legata all’autorità del padre, dell’uomo sulla donna, enunciata dal Corano. Gli islamisti tunisini però sono più avanti rispetto ad islamisti di altri paesi perché si sono trovati in un contesto dove le élites laiche sono forti, come anche la società civile.

L’emancipazione femminile è storicamente molto radicata in Tunisia
Sì. Prima di Bourguiba c’è stato Tahar Haddad, un riformista incredibile che ha scritto un libro nel 1930 dove parlava della donna: è andato molto lontano, ci sono stati dei riformisti in Egitto prima di lui, ma non sono andati così avanti. Lui, a suo modo, ha rimesso in discussione i fondamenti della sharia, ha rivendicato l’uguaglianza tra uomini e donne persino nell’eredità ed è stato il solo all’epoca a rivendicarlo. Ma fino ad oggi, nel 2014, non si è ottenuto ciò che lui ha rivendicato nel 1930. Certo, la costituzione enuncia in maniera generale il principio di uguaglianza, ma i testi delle leggi non sono stati modificati in modo che l’uguaglianza nell’eredità sia assicurata. Fino a oggi non c’è uguaglianza, salvo che non sia deciso dalle famiglie.

Le donne hanno però ottenuto dei diritti, ad esempio il divorzio…
C’è stato un piccolo movimento femminista, un movimento d’élite nelle grandi città e poi una rivista femminista che si chiama Leila. Poi è arrivato Bourguiba, e lui ha steso un codice molto avanzato. Ha abolito i tribunali molto religiosi che si riferiscono alla sharia e ha istituito il matrimonio civile e il divorzio civile. Ha abolito il ripudio che legittimava anche un colpo di testa del marito, e la poligamia. Bourguiba nei suoi discorsi parlava di queste famiglie, spesso di uomini abbienti, che erano lacerate dalla gelosia, dalla sofferenza e dall’umiliazione delle donne. E ha istituito l’adozione, vietata dal Corano in tutti i paesi arabi, ovunque tranne in Tunisia.

Perché è vietata?
Perché, si dice, e tutti i libri della tradizione ne parlano, che il profeta dell’islam si sia innamorato della donna di un figlio che aveva adottato, e per sposarla senza contradirsi, ha detto: non è mio figlio; quindi, dopo ha vietato l’adozione.
Bourguiba invece l’ha istituita, perché era molto sensibile ai bambini e alle donne, ai deboli della società, perché non ci fossero troppi minori abbandonati o nelle strade. E ha dato anche il suo nome a tutti i bambini nati al di fuori del matrimonio e che non hanno trovato delle famiglie adottive, tanto che li si chiamava les enfants de Bourguiba, i bambini di Bourguiba. Era la sua maniera di intaccare il patriarcato tradizionale: vietando la poligamia e permettendo l’adozione ha toccato i fondamenti del patriarcato.
Sulla poligamia: in Italia, a volte, tra donne, scherzando si dice che potrebbe essere meglio rispetto a uomini che hanno famiglia e hanno delle amanti. Cosa ne pensa?
Certo, perché no, ma a condizione che allora si permetta anche la poliandria! (ridiamo), ed è quello che mi sono permessa di scrivere. Utilizzo molto Facebook, spesso in arabo, come strumento usato molto dai giovani che utilizzano di più questa lingua; l’ho scritto, e le persone hanno cominciato, in modo timido, a fare delle allusioni, e ho detto: anche noi donne rivendichiamo la poliandria.
La reazione degli uomini è stata: che orrore!!!, ma è stato un argomento molto seguito e poi ripreso da altre donne. É simpa se è così, per tutti e due. Nelle coppie, anche il matrimonio dopo un po’… (sbuffa e ride) dopo tre, quattro cinque anni, non è molto facile, bisogna impegnarsi perché duri. Avevo un professore di psicanalisi a Parigi che in un corso mi aveva detto: “una coppia quando rimane insieme, quando non divorzia, significa che non funziona: perché o sono tutti e due psicotici o uno dei due, o uno è l’oggetto controfobico dell’altro che non può vivere senza di lui, ha paura del mondo, ecc…”, ed è vero. Quando invece si hanno delle affinità intellettuali, allora può funzionare. Ma il matrimonio è una vecchia istituzione che è sempre stata un po’ malata.

I diritti delle donne acquisiti con Bourguiba, con Ben Alì sono stati tutelati?
Sono addirittura migliorati. Per esempio, ha accordato il diritto di dare la nazionalità tunisina alla donna che ha sposato uno straniero, cosa non scontata. Un altro diritto che non era riconosciuto alla donna era il diritto per una mussulmana di sposare un uomo non convertito; si può interpretare la legge, il divieto non è chiaro.

Ben Alì ha forse strumentalizzato un po’ politicamente la questione delle donne, una questione che era presente in tutti i discorsi della propaganda, ma corrispondeva comunque alla realtà, perché Burguiba ha fatto un’altra cosa importante: il planning familiare che ha permesso la limitazione delle nascite. Nel 1955 vi erano tanti siriani quanti tunisini, era una popolazione di 6 milioni, in Siria e in Tunisia; nel tempo i siriani si sono raddoppiati, arrivando a più di 20 milioni, mentre noi siamo 11 milioni. La limitazione delle nascite ha permesso uno sviluppo piuttosto durevole e l’emancipazione delle donne. La donna poteva controllare la sua progenie: era liberatorio! Si sono istituiti dappertutto in Tunisia, perfino nelle campagne, dei centri dove le cure rispetto alla salute riproduttiva erano gratuite. Si distribuivano dei contraccettivi e si poteva parlare di preservativi, si parlava di tutto. Per non avere dei bimbi, si procedeva anche alla legatura delle trombe, anche se era un po’ estremo come metodo, definitivo… Ben Alì ha continuato in quest’ottica, ma poi i servizi pubblici alla sua epoca, come dappertutto nel mondo, si sono degradati. Con Ennahda non si ha molta voglia di continuare a finanziare i centri di salute riproduttiva. Inoltre, Bourguiba ha anche accordato prima della Francia il diritto all’aborto. Ora questo diritto non si sa… si iniziano a tenere dei discorsi religiosi, si cerca di colpevolizzare le donne che vanno in questi centri ad abortire.

La questione del velo: in Occidente se ne parla come argomento centrale. Lei non lo porta…
Penso che molti occidentali diano un po’ troppa importanza alla questione del velo. Io stessa all’inizio la pensavo così. In realtà il velo ha cambiato di significato: il velo del 2013, 2014 non è lo stesso degli anni ’80, quando in Tunisia le poche donne velate erano per lo più delle attiviste islamiche o delle donne particolarmente pie. Adesso il velo è stato banalizzato. Le donne erano tradizionalmente velate, ma non nella stessa maniera: le mie zie, le mie cugine erano velate, mettevano una copertura, ma lasciavano fuori delle trecce. Vi sono regioni dove il cappello tradizionale è composto da trecce artificiali rosse e verdi. Dopodiché, le donne che si sono tolte il velo, poi se lo sono rimesso. E la maggior parte ha abbandonato quello tradizionale e adottato quello standardizzato, che non corrisponde a una tendenza dell’islam politico. Molte donne che hanno manifestato contro il partito islamico erano velate; alcune studentesse velate sono atee. Molte hanno anche messo il burqua per avere dei soldi, perché ci sono molti soldi che arrivano dai paesi del Golfo per alimentare i movimenti salafiti e integralisti, anche se il velo integrale è malvisto, valutato come una strategia dei terroristi per non farsi riconoscere… Ma il velo in sé non è veramente indice di condizioni particolari, almeno in Tunisia. In genere sta a significare che una donna è credente, ed è tutto, come qualsiasi donna italiana credente, salvo che la donna italiana non si vela ma va in chiesa, una musulmana mette il velo.

Quale è stato il ruolo delle donne nella rivoluzione?
Le donne hanno avuto un ruolo importante. Non ero a Tunisi, ma non dimenticherò mai le immagini di quella donna sindacalista appollaiata come un uccello su una finestra davanti alla centrale sindacale in centro città e che pronunciava dei discorsi contro Ben Alì. Penso che abbiano manifestato nella città di Tunisi, a Sfax e nelle grandi città, spesso forti di una formazione politica, e che nelle campagne, dove ci sono state le prime vittime, abbiano pianto i loro morti e i loro figli: sono uscite di casa, scese nelle strade, come madri e spose.

La condizione femminile nella campagna e nelle città è differente?
Ci sono forme di servitù e di emancipazione nella campagne e nelle città; nelle zone rurali ci sono tantissime donne contadine sfruttate, pagate molto meno degli uomini che magari neppure lavorano; nelle città ci sono molte donne che sono picchiate dai loro mariti, che lavorano chiuse nelle case. Nelle campagne ci sono però anche delle donne forti, delle vere matriarche, che hanno potere in famiglia, di dire no e di opporsi al potere pubblico. Nelle città ci sono delle donne liberate grazie alla loro istruzione. Ci sono diversi tipi di donna.

Lei lavora e lui non fa niente… È il sogno di molti uomini, anche italiani…
In effetti, le nostre società si assomigliano molto. Può darsi che in futuro avremo una democrazia un po’ all’italiana.

È ottimista sul futuro della Tunisia?
Il tunisino in genere non è molto ottimista; è lamentoso, si lamenta di tutto, e quindi…

Rosita Ferrato
Fonte: Babelmed

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