Metti una sera a cena – racconto di un galà reale d’inizio estate (seconda parte) – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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Metti una sera a cena – racconto di un galà reale d’inizio estate (seconda parte)

Ora si può cominciare. Non la cena, però: una coreografia perfetta rende il Palazzo El Badi teatro di uno show degno de Le mille e una notte. Sulle mura che ci circondano vengono proiettate forme, colori, scritte e inizia lo spettacolo.

Tutto è magia, rapimento, estasi pura: acrobati che danzano con il nur, il fuoco, lo rendono magico, guizzante, fuoco d’artificio. Danzatrici in una bolla d’aria, trampolieri tra i tavoli, voci di cantanti, frotte di comparse, acrobati, note suggestive, colori adeguati per tutti gli elementi. Sulle mura che ci circondano vengono proiettate forme, colori, scritte , e sulle note della musica tradizionale e arabo andalusa, vengono rappresentati i quattro elementi : fuoco, aria, acqua a terra.

Il commensale assiste allo spettacolo attorno a sè, dal vivo- ma anche proiettato sulle mura e sui maxi schermi che lo circondano- nella corte all’aperto, sotto il cielo stellato, con una brezza dolce che sembra quasi arrivare dal mare. Eppure 150 km ci separano dalla costa oceanica…

Nessun dettaglio viene trascurato e sul finale, bimbi vestiti di bianco passano tra i tavoli a distribuire i semi di palma, come simbolo della terra madre, di rinascita, di buon auspicio ; e i commensali, inteneriti e con ancora negli occhi le luci e le immagini e nelle orecchie la musica e la magia, sorridono felici.  Sono però già le 23 e gli stomaci sono ancora vuoti…

E quindi, ecco frotte di camerieri arrivano a passo veloce, saranno un centinaio, vestiti di bianco, con un fez rosso e in costume tradizionale.

Il cielo è ora scuro ma sereno, la brezza si è fatta fresca, pungente e i nostri camerieri ci rendono felici : portano ceste piene di pani bruni, piatti e rotondi. Ognuno afferra il suo, con bramosia, se lo tiene stretto con entrambe le mani e lo addenta voracemente. Il centro della tavola è lasciato libero, e attende con desiderio una più grossa ed elegante portata.

Si aprono le danze, e stavolta dal punto di vista gastronomico. L’elenco delle portate, scritto in inglese o in arabo su un ricco foglietto con lo stemma reale è lungo, e tutti noi, in segreto, temiamo l’effetto dei matr imoni del sud Italia, dove i parenti sono costretti a tavola fino alle ore beate. E invece no!

Improvvisamente la serata ingrana la quinta…
Arriva il primo piatto, insalata marocchina, ciotoline con verdure delle meraviglie, che a rotazione ci scambiamo. I nostri vicini, indigeni eleganti come internazionali uomini d’affari, ci passano cortesi i cibi e si passa velocemente al secondo, che i camerieri portano con solerzia.
Un montoncino arrosto su un enorme vassoio argentato. È intero !

I nostri amici locali, vedendoci perplessi, ci spiegano come affrontare questa prima vera portata: le porzioni sono da tagliare a nostra cura, e tutti i cavalieri della tavola, nella penombra e non si sa bene come, si lanciano nella divisione delle porzioni con i minuti coltelli da pasto, sorvolando da seduti il recinto dei doppi bicchieri per l’acqua. Sono eroici e consegnano nei piatti delle signore incongrue parti dell’animale : o troppo osso o troppa carne, tra l’altro deliziosa. Ma ciò che lascia tutti interdetti è il poco tempo che i camerieri lasciano ai commensali di gustarsi le portate.
Si inizia a scherzare, a cronometrare chi mangia più veloce, si ride.

Il pesce ? Stessa scena. Un vassoio contenente un’ enorme, coreografica (e saporitissima) cernia viene scoperchiata sotto gli occhi stupefatti dei presenti, abbracciata da calamari, olive, gamberetti : un vero tripudio di Nettuno. Anche questo piatto però è da porzionare e i commensali, appena realizzato come affrontare questa nuova portata in modo da non ferire il senso di educazione ed equa condivisione, ecco che…zac… se la vedono rapidamente sparire, insieme ai loro piatti appena intaccati dalla propria forchetta.

Diventa una sfida col cameriere: si ride tra noi e ci si lanciano occhiate di complicità.
Ecco una splendida enorme Pastilla, piatto agrodolce di origine andalusa, saporoso, coreografico, magnifico ; arriva da tagliare. Ora tutti sono rapidissimi : la portata è anche più facile delle altre da dividere… E poi una montagna di couscous, delizioso, con una splendida cascata di verdure : travolto dai cucchiai e ingoiato in pochi minuti.

Siamo divertiti ed estasiati allo stesso tempo. La cena è fantastica e ricchissima, ma dobbiamo consumarla in tempo record e non capiamo il perché. Qualcuno ipotizza : che la principessa abbia fretta? Magari è proprio l’etichetta che dà il ritmo alla cena…

Siamo giunti alla frutta. Che ci viene lasciata, in uno splendido trofeo nel centro della tavola. Illusione : dopo qualche minuto, tempo di assaggiare due chicchi d’uva, la principessa si alza e se ne va, con il saluto di tutti gli astanti ritti in piedi in segno di rispetto. La maggior parte dei suoi sudditi parte con lei. La cena è finita e si sparecchia.

Rompiamo le righe. Tutti coloro che rimangono, oltre a quelli spiazzati come noi, escono a questo punto dai loro ruoli : i camerieri addentano acini d’uva lasciati nei vassoi di portata, le persone dell’organizzazione si rilassano e spogliano, assieme a noi, le corbeille meravigliose del tavolo reale. Ci si fa le foto, si scherza tutti insieme, si vaga fra i tavoli per recuperare un menu scritto in arabo, una traccia della presenza reale. L’atmosfera è distesa, intrisa di soddisfazione …tutti si sorridono, ma l’invito al popolo è di lasciare il palazzo ; un invito gioioso, cordiale,e fermo. Il gruppo di musica tradizionale continua a suonare, ma smetterà di lì a poco. La Principessa non c’è più, e anche la presenza dei suoi ospiti-sudditi è diventata improvvisamente inutile.

Rosita Ferrato

 


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