Metti una sera a cena – racconto di un galà reale d’inizio estate (prima parte) – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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Metti una sera a cena – racconto di un galà reale d’inizio estate (prima parte)

Pista, pista…sembrano intimare i gendarmi in moto che fanno strada alla navetta degli ospiti del 7° congresso del Weec. E le folle si scansano, i taxi si assiepano per lasciare lo spazio libero e far sì che i 550 invitati al Galà a Palazzo El Badi non tardino all’appuntamento reale. Un palazzo con una storia interessante li aspetta, costruito dal sultano El Mansour il vittorioso nel VI sec e di cui il giullare del re profetizzò: «Quando sarà una rovina, o mio sovrano,  sarà una splendida rovina». In effetti è oggi uno spazio meraviglioso. Sembriamo scolaretti, ma scolaretti con un certo stile: uomini in completo nero accanto a donne con vestiti colorati, preziosi, e gioielli importanti, riccioli e chiome sciolte o raccolte, messe in piega ad hoc per la soirèe. Oppure mise incongrue, con decise cadute di stile, come la ragazza con una rosa gialla nei rossi capelli, abitino fantasia corto corto e attillato, collant color carne coprenti e generosa scollatura. La gente in strada è incuriosita, ci fa ala al passaggio ed ecco che arriviamo all’ingresso del fastoso palazzo: ci attendono i controlli e noi mostriamo il nostro invito con il sigillo reale agli addetti alla sicurezza , che si raccomandano: no cellphones, no pictures. Ma le foto già si sono scatenate prima dell’ingresso, dove ogni signora fa a gara per essere ripresa sui tappeti rossi, col piccolo drappello di guardie reali, in alta uniforme bianca, in sottofondo. Un drappello di guardie eleganti e sull’attenti, anche se il caldo tradisce a volte la disciplina militare, e qualche spadino non é sempre precisamente allineato con quello del vicino.
Entriamo. Enormi le arcate in stile arabo andaluso. Enorme la corte, dove tavoli preparati con tovaglie bianche su cui spiccano petali di rose vermiglio, aspettano i commensali. Accanto alle posate, un mazzetto di rosmarino e lavanda, arrotolato in una foglia di vite, e bicchieri di fine fattura, piccole tajine colorate con gli aromi, tovaglioli di stoffa bianca, sedie che con la luce del tramonto sembrano d’oro (sono in plastica gialla, ma bellissime,in perfetta armo  nia con la coreografia dell’insieme).

Uno spettacolo di luci colorate ci prende all’improvviso. Gli archi e le mura (su cui abitano le cigogne e le loro famiglie in grossi nidi, indifferenti al trambusto) vengono avvolti di blu, di rosa, di verde mentre il giorno ormai volge alla fine.
Ci si accomoda e si attende.Siamo emozionati di essere stati invitati dal Re in persona, rappresentante di Allah, Mohammed VI e dalla Principessa reale Hasna e vogliamo vederla, la nostra ospite, tutti frementi, onorati e curiosi.
Ed ecco un nugolo di fotografi si muove improvvisamente, come una nuvola che si sposta con il vento, come un branco di pesci che definisce d’improvviso una direzione.Qualcuno arriva, i commensali si alzano per guardare: sarà lei? Quale delle belle signore sarà la Principessa? La dama in verde, quella in azzurro? Falso allarme, nessuna di loro. La Principessa Lalla Hasnna arriva solo qualche istante dopo, ed è maestosa, elegantissima, in un vestito chiaro tradizionale, i capelli neri raccolti, dei magnifici gioielli. Una visione, o almeno così la percepiamo noi, comuni mortali che ci caliamo spontaneamente nella parte di ospiti-sudditi. Eppure è appena lì, umana come noi e vicinissima, al suo tavolo ornato da una splendida corbeille di rose e altri fiori delicati, bianchi, rosa, chiari, e bellissimi. (continua)

Rosita Ferrato


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