Cattedrale – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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Cattedrale

La cattedrale cattolica di Tunisi spesso è chiusa; ma quando un giorno riesco ad entrare, vedo gente in preghiera. Pochi fedeli, ma avvolti nel silenzio. Si lascia fuori il rumore del traffico e si arriva in un luogo che sembra fuori contesto.

Ampie volte, targhe votive (spesso in italiano), tanti piccoli ventilatori attaccati alle colonne, per i giorni di grande calore. Qui, ai tempi del Bey, nel XVIII secolo, c’era il cimitero della piccola comunità cattolica. Intitolata al sacerdote san Vincenzo de’Paoli, venduto come schiavo a Tunisi, il tempio fu prima destinato all’inumazione degli schiavi dei bagni penali, poi divenne il cimitero della piccola comunità europea della capitale.

Leggo su Wikipedia: Un modus vivendi, concordato tra la Repubblica tunisina e la Santa Sede nel 1964, fece della cattedrale, insieme ad alcuni altri luoghi di culto, una proprietà della Chiesa cattolica. L’accordo è tuttora in vigore.

Una prima chiesa venne edificata sul sito nel 1881, ma questa prima cattedrale cadde presto in rovina, perché costruita troppo rapidamente e senza tenere conto delle condizioni del terreno. L’edificazione dell’attuale iniziò nel 1893.

Affacciata sulla piazza Indipendenza, tra l’avenue Habib Bourguiga e l’avenue de France di fronte ambasciata francese, la cattedrale di San Vincenzo de’ Paoli, in francese Cathédrale Saint-Vincent-de-Paul è stata benedetta solennemente nel 1897.

Mi aggiro per il tempio con un amico di fede musulmana. Lui è curioso, visitando la chiesa mi aspetta, mentre io mi fermo per recitare in silenzio una preghiera: non sono credente ma in quel momento, in terra straniera, amata ma straniera, ho bisogno di avere qualcosa che mi riporti alle mie radici.

“Lo stile neoromantico bizantino, sembra evocare i tempi migliori del cristianesimo dell’Africa del nord” si legge su un pannello all’interno del tempio. Usciamo. I giorni successivi, vedrò le sue porte sempre chiuse.

E a proposito di cristiani, di Natale, a costo di evocare qualcosa di più giocoso e forse più blasfemo, può succedere che qui a Tunisi gli alberi di Natale siano usati come decorazioni tutto l’anno. L’ho visto l’altra sera in un bar (un bar, non caffè, c’erano tutt’al più stranieri e servivano alcolici): due bei pinetti natalizi (siamo a giugno!) con luci e decorazioni, palle, festoni e tutto quanto, ai lati della porta di ingresso, come ornamento per la sala.

La città intera è una luce, e sembra che qui sia sempre Natale. Brilla la sera, magicamente, la porta del mare, Bab Bahr, punto di incontro fra la Medina e la città europea, brillano le sue palme, accese da mille lucine dorate, brillano le insegne dei negozi, e notte e giorno, sono scintillanti i vestiti e i veli delle donne.

Qui il gusto è così, e a proposito di donne, e a proposito di contraddizioni, capita di vedere una donna in nero, la testa coperta da un velo, il corpo da un’ampia tunica, scura e poco rivelante. Ai piedi, però, porta un paio di scarpe rosse di vernice,tacchi altissimi con zeppa, molto molto molto audaci, e decisamente sexy.

Rosita Ferrato

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