I tetti di Tunisi – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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I tetti di Tunisi

Ci sono persone che nelle caldissime sere d’estate dormono sui tetti. Mettono fuori il materasso e si godono il fresco per un lungo momento della notte; non sempre si rivela un’idea vincente, complici l’umidità e le zanzare.

Mi hanno raccontato un episodio: i tetti tunisini spesso sono privi di balaustre e una notte un ragazzino sonnambulo pare sia caduto, per fortuna preso al volo da uno dei genitori che stava nel giardino sottostante.

In ogni caso, è un’abitudine che i tunisini hanno; i tetti qui sono piatti e ci sono ampie terrazze.

Se si ha la fortuna di abitare in una casa di cinque piani, settecentesca, che sovrasta praticamente tutta la città, si ha un panorama a 360 gradi di tutta di Tunisi e si riesce (involontariamente o meno) a farsi i fatti di tutti. Si scoprono cose interessanti ad essere ficcanaso: c’è gente che litiga, altri che tengono lana o peperoncini ad essiccare, ci sono intere famiglie di gatti che crescono sotto i nostri occhi, li si segue dal primo amoreggiare fino a che mettono su famiglia. Poi ci sono altre cose meno gradevoli, fastidiose, come il cane dei vicini lasciato spessissimo lì tutto solo; o come gruppuscoli di uomini che sul terrazzo si ritrovano per bere, lamentarsi e cantare fino ad ora tarda; chi sui tetti passeggia o si ritrova come dei giovani uomini che ogni tanto, con i cellulari a mò di pila, si trovano per farsi una chiacchierata o una fumata. Oppure c’è chi sul terrazzo ci tiene un ariete. Da combattimento.

Su un balcone, uno di questi ampi e larghi, c’è una casupola, come un ripostiglio, ora per fortuna è chiusa, ma per alcuni mesi dei balordi ci hanno tenuto un kaboush, un montone. Lo lasciavano tutto il giorno lì, per fortuna all’ombra o al riparo dal sole e dalle intemperie, con del cibo e dell’acqua, ma comunque prigioniero, come un ostaggio prezioso. Gli uomini tornavano la sera a vedere come stava, a fargli fare due passi, ma poi se ne andavano. Pare che l’animale, che sfoggiava un deciso bollo rosso sulla fronte, non fosse destinato al sacrificio per la festa dell’Aid (Festività religiosa dell’Aid El Fitr, che decreta la fine del mese sacro musulmano del ramadan), ma venisse utilizzato per i combattimenti illegali. Cornate, lotte, una cosa inimmaginabile.

Un giorno i balordi sono andati via. E per fortuna si sono portati via anche il caprone.

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