Il piemontese normalmente si fida poco. Allora un po’ per gioco un po’ sul serio, i momenti subito prima, in alcuni emergono le paure più strane: “Ma mica hai lasciato dei soldi in giro?”, “Ma non ti dà fastidio che a casa tua vengano persone che non conosci?”, “E se arrivasse qualcuno con un’energia negativa? Bisognerebbe poi fare un rito di purificazione”.
Con l’amico e creatore del “progetto loft” Paolo Romeo si ascolta, ci si fa una risata, ma poi arriva il momento in cui si aprono le porte e l’abitazione o studio diventa una delle case di Open House. Dopo avere aspettato con curiosità e un pizzico di preoccupazione, si capisce finalmente che è tutto giusto. Le persone sono subito tante, è una piacevole “invasione”, ma ci si ritrova entusiasti nell’illustrare i propri spazi. Ci si conosce anche se per pochi istanti, ci si scambia qualcosa, si sta bene, ci sono domande e commenti, le parole sono parole positive e le energie ancora di più. Complimenti, quesiti tecnici e non, ognuno ha il proprio approccio, commenti di buon senso, richieste di contatti, scambi di battute, sorrisi, curiosità, grande rispetto.
![Ingresso del loft durante Open House 2019](http://www.rositaferrato.it/wp-content/uploads/2019/06/OpenHouseTorino_loft.jpg)
Tanti visi, tante voci. Tante persone, più di quelle che ci si aspettava, molti i giovani, coppie di sposi venuti a prendere spunti e idee, professionisti, studenti di architettura, appassionati di restauro, alcuni semplicemente amanti del bello o curiosi di conoscere un patrimonio della propria città normalmente non accessibile.
Open House, la sua organizzazione, i suoi volontari (fantastici: per loro, da subito mi casa es tu casa) ha davvero mantenuto le promesse. Con una consapevolezza in più: che aprire le porte, dare il benvenuto agli ospiti e farli sentire, anche per pochi minuti, a casa propria, è una ricchezza per tutti, per chi arriva e per chi abita.
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