ISTANBUL – Il nord Africa brucia, l’Albania è instabile, e l’Italia?… non sta messa molto bene neanche lei. Ma non è di questo che vi voglio parlare.
Proprio perché è un periodo difficile per tutti, vi racconto di un sogno, di un luogo onirico e immaginifico. Una visione che dedico soprattutto a chi, come me, ama la Turchia e la nostra città ancora di più.
Allora, immaginiamo per un istante una Torino diversa e facciamo un gioco surreale: una capitale sabauda in salsa turca.
Proviamo? Coraggio: si parte!
Rappresentiamoci un quartiere con delle case tutte colorate, basse e variopinte, con toni forti ma ben accostati: un viola pervinca, un verde, un giallo ocra. Magari in centro, magari nel quadrilatero. Dimentichiamo il giallo Torino (falso storico clamoroso, stucchevole e polentone) e dipingiamo tutto con colori allegri, non squillanti, ma vivi. Ci sono a Istanbul, perché non da noi?
Scendiamo ai marciapiedi: sampietrini modello romano con dei magnifici paracarri in ferro battuto, lampioni antichi, marciapiedi larghi. Botteghe e bottegucce che espongono le merci: Istanbul come Porta Palazzo, Porta Palazzo come Istanbul, con ancora un bazar al coperto, un immenso mercato, perché sia il più grande d’Europa davvero.
Nella foto a destra: un venditore di succo di melograno
Sulla collina di Superga? Una moschea, la famosa moschea, quella della polemica, con buona pace di chi non la vuole. Come quella Blu o Santa Sofia, che con il sorgere del sole diventi rosa e dia il buongiorno ai torinesi. Visibile, bellissima, da far diventare verde (un colore, in questo caso, con ben tre significati) qualche nostro amministratore.
Nella foto la moschea di Santa Sofia, in basso le strade di Istambul e l’harem all’interno del palazzoTopkapi
Istanbul sale e scende, e ha dei canaletti di scolo alla francese per pulire le strade, con le acque che viaggiano e puliscono le lordure. Ve li vedreste bene, chessò, in piazza Vittorio? Lì la pendenza c’è eccome. E poi i trasporti, e qui mi faccio seria: i turchi possiedono delle macchinette che invece di dare il biglietto del tram, al posto della moneta restituiscono un gettone in plastica. È con questo che si accede ai tornelli della fermata del tram, piazzati nella via e che impediscono – al “portoghese” – la corsa gratis.
Sugli autobus turchi troviamo invece una figura quasi mitologica che alcuni di noi ancora ricorderanno: il bigliettaio! Che neanche ti dà un ticket cartaceo, ma si pone come guardiano: se passi da lui e paghi il giusto, allora puoi stare sul pullman. Porterei a Torino anche lui: un bigliettaio tipo buttafuori, pronto a ogni evenienza. Per difendere e complimentare la tota piemontese, ma anche per intervenire in caso di un bisogno di aiuto, di una disputa o lite di qualsiasi natura.
E ancora i marciapiedi: a parte qualche dissesto ogni tanto, le superfici di quelli turchi sono buone. Meglio di quelle nostre sottili sottili e sempre rotte con cui si sono sostituite, in alcune zone, quelle in pietra di luserna.
E qui apro una parentesi: cosa ne è di quelle antiche, smantellate per esempio nelle zone pedonali per lasciare posto a lastre fini, forse cinesi ma comunque di qualità inferiore?
Ma torniamo al sogno e andiamo sul fiume. Valentino e Valentina come i vaporetti (vapuru) che attraversano il Bosforo, ma battenti bandiera sabauda e con nugoli di gabbiani che la seguono e ci volano attorno.
E i gatti: Istanbul è la città dei gatti e a Torino una volta ce n´erano tanti, per strada, sui tetti. Qualche pazzo imputa la loro scomparsa all’arrivo dei migranti: ma il proverbio non dice che sono i veneti quelli che se li mangiano? (…sto scherzando, perdonatemi).
E ancora, il bagno turco: la tradizione del bagno turco, che quando esce dall’ufficio, il “travet” vi si infila e si fa massaggiare da qualche energumeno? Infine: la gente! I turchi (nella media) sono giovani, belli e sorridenti. Già all’aeroporto te ne accorgi: nei luoghi pubblici il personale è simpatico e cordiale: ride, scherza, gioca, ma è competente e serio quando serve.
A Torino vi piacerebbe? Io dico di sì.
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