Le virtù della torinese – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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Le virtù della torinese

In tema con le feste, ho pensato di passare in rassegna le virtù delle mie concittadine, un piccolo compendio che tratteggia una figura per nulla scontata di donna.

La puntualità. Il tempo è galantuomo ed esige un certo galateo, come la torinese è gentildonna, e questo galateo lo rispetta pure lei.

Lei infatti è sempre puntuale, precisa come un cucù svizzero (o piemontese), magari arriverà persino con qualche minuto d’anticipo per paura di arrivare in ritardo. Una puntualità che esige anche dagli altri, quindi siete avvisati: se arrivate in ritardo, anche solo di qualche minuto, la troverete spazientita, con uno sguardo di brace; ovviamente non vi prenderà a male parole, pur avendone una gran voglia, ma se lo ricorderà, e guai a rifarlo: la volta successiva potrebbe anche arrabbiarsi davvero e mandare a monte l’appuntamento.

Riservatezza. Le torinesi sono schive e riservate. Non amano molto raccontare di sé, ma sono avide di informazioni; non è che spettegolano, si aggiornano (quindi state sicure che se regalate incautamente una notizia sfiziosa ad una torinese, anche se si dichiara vostra amica, dal giorno seguente, o anche dal giorno stesso a seconda del grado di “pettegolite” della suddetta amica, tutta la città, misteriosamente, sarà venuta a conoscenza dei fatti vostri).

La riservatezza della torinese si esprime anche sui nuovi media; su Facebook o Instagram ad esempio, la torinese non mostrerà mai troppo di sé, solo quel tanto che basta perché gli altri possano avere un’idea, mai troppo precisa, di chi è e cosa fa, ma sempre con quel tanto di mistero che la contraddistingue. Le torinesi, anche rispetto ai social, avranno un motivo in più per criticare le loro consorelle milanesi che giudicheranno troppo sfrontate, esibizioniste, poco chic (perché, suvvia, mettere in piazza gli affari loro non è elegante) mentre loro, con molta classe, si difenderanno da sguardi troppo indiscreti grazie ad un muro di riservatezza che avranno loro stesse costruito. Come se una fitta nebbia (quella che regnava nella nostra città negli anni ’70, quella di Mimì Metallurgico, per capirci) le avvolgesse a difesa della loro privacy. Il tutto, a mio avviso, molto saggio, nonché utile per accrescere il loro fascino.

Ps. Ecco un consiglio utile: mai taggarle o mettere sui social la loro foto o un selfie senza averle consultate, si risentiranno moltissimo.

La forma. Le torinesi apprezzano, anzi pretendono la cortesia e badano moltissimo alla forma. Sono generalmente ben educate e si aspettano che anche il loro prossimo (in special modo l’altro sesso) si dimostri all’altezza.

Banditi quindi i gesti di eccessiva familiarità quando la conoscenza è troppo recente, o in generale i toni di voce troppo squillanti, modi o parole volgari, atteggiamenti fuori luogo. Le torinesi dimostrano al mondo un garbo naturale fatto di buone maniere che non prevede eccezione alcuna, e pretendono giustamente altrettanto da chi le circonda.

Mai quindi presentarsi ad una cena a mani vuote; per l’uomo che si accompagna o corteggia una torinese, guai a non aprire la portiera della macchina quando la si fa salire, soprattutto se ai primi appuntamenti; mai entrare in un locale in inverno senza averla aiutata a togliere il cappotto (o a rimetterlo quando esce); mai farla pagare o dividere il conto a metà se ad un pranzo, merenda, colazione o cena che sia; gli uomini si ricordino di varcare per primi la soglia del locale, se trattarsi di locale pubblico, pub, ristornate, ecc, ma di cederle il passo in ogni altra occasione.

Qualche complimento è d’obbligo e verrà certamente apprezzato, come anche dei regali o dei fiori. Bandita la sincerità a tutti i costi: un’amica non dovrà mai dire ad un’altra che ha delle gambe bianche come quelle di una gallina (ovvero una coscia di pollo), ma dovrà dirle con molto garbo che le sue estremità di alabastro sono molto belle, come madreperla, soltanto dovrebbe farci prendere un po’ di sole.

Insomma, poiché che la torinese sente sotto sotto di avere nelle vene sangue blu (anche se non ce l’ha, vive pur sempre in una città reale) pretende (e in genere ottiene) le attenzioni dovute ad una regina, o almeno ad una principessa.

La nobiltà. E per restare su questioni araldiche, Torino è stata la prima capitale e come tale ha ospitato dei sovrani e delle corti, e questo ancora si riflette in tanti suoi aspetti, della città e dei suoi abitanti. Le vie, i corsi, le piazze sono intitolati a vari sovrani re, regine e principesse reali, e questo loro lignaggio lo si ritroverà anche nella scelta dei nomi dei pargoli: abbondano quelli che rimandano a sovrani, re e regine, principi e principesse e rampolli vari sabaudi: Umberto, Emanuele, Carlo per i maschietti, Clotilde, Isabella, Margherita, Jolanda ecc. ecc. per le femmine.

A Torino inoltre sopravvivono famiglie di antica o più recente nobiltà, che godono tutt’ora di un certo prestigio e considerazione. Allora, non mancheranno i titoli, ancora rivolti con rispetto a signore e signori: contessa, duchessa marchese, e così via. Il tutto è un po’ demodé, ma assolutamente delizioso.

Pudicizia. A meno che i tempi non siano cambiati, e per abbordare qui un argomento leggermente più piccante, la torinese sarà riservata anche nella battaglia fra i sessi.

Al primo appuntamento, ad esempio, concederà poco o niente. Di classe anche nei rapporti con gli uomini, si farà inesorabilmente desiderare. A lungo. Facendo ammattire lo spasimante, che infine, pur di averla, sarà costretta a sposarla.

Cuoca per amore. E sempre a proposito d’amore, la torinese normalmente, anche se non ama cucinare, una volta sposata, imparerà. La cucina piemontese è deliziosa e ricca: un classico sono gli antipasti (la tradizione ne prevede 81), i primi (agnolotti e tajarin), secondi vari (bolliti ecc) oltre al fritto misto alla piemontese e al bollito dai sette tagli classici….Insomma, una fatica!

Ma la torinese imparerà. Alla peggio, nel caso in cui sia a corto di ispirazione, o se la cuoca si sarà presa la giornata libera, potrà ricorrere al libro di ricette di sua mamma. Oppure potrà scendere un attimo in strada: direzione, la gastronomia più vicina.

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