Sul taxi per l’aeroporto – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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Sul taxi per l’aeroporto

Rientro a Torino per le festività natalizie e sul taxi che mi porta in aeroporto rifletto su quanti, italiani come me, hanno scelto di viviere la loro vita a Tunisi.

Ho conosciuto uomini e donne, innamorati follemente di questa terra, raccontarmi di quanto sia doloroso vedere alcuni paesaggi cambiare, di quanto fossero belle le città prima della rivoluzione, pulite, curate, e di quanto ora facciano fatica ad accettare i cambiamenti. “Sono arrivata qui 30 anni fa e non me ne sono più andata” mi racconta entusiasta una bella signora bionda alla festa dell’ambasciata. “Cercavo un paradiso esotico vicino all’Italia e ho trovato la Tunisia. Tanti anni sono passati e non sono più riuscito a farne a meno” racconta un artista italiano.

C’è chi ha ritrovato una seconda giovinezza, come un amico torinese che risiede a Biserta. “Torno a Torino solo per mia madre”, confessa, “ma appena posso ritorno qua: ormai ho una vita, un lavoro. Qui ho trovato un’energia diversa, rapporti differenti con le persone. Giovani, meno giovani, tutti ci si mescola, si esce, si sta insieme, è una dimensione impensabile in Italia. Qui sono pienamente felice”.

C’è una bella comunità italiana, in Tunisia, che fa cultura: cineforum, incontri di lettura, poesia, musica, presentazioni di libri, rassegne, festival in posti meravigliosi. C’è l’Istituto Italiano di Cultura, molto attivo. La sorpresa, quando si accede a questi luoghi, è di sentirsi a Torino, a Milano, a Firenze, con lo stesso pubblico e le stesse modalità. A volte funziona, ed è una gioia. Altre meno e si ripresentano soliti cliché: il leggero sentore di stantio e di sbadiglio, quel non so che di antico e l’incapacità di aprirsi alla modernità. Allora è come essere ospiti annoiati nelle ultime file.

Ma torniamo alle persone. Sarà la vicinanza geografica e culturale, tanti italiani hanno iniziato a considerare la Tunisia come una seconda patria. “Quando arrivo a La Marsa mi sento a casa”, mi racconta un’amica, una giornalista fiorentina che va e viene da Milano a Tunisi. Altre amiche si sono fidanzate con ragazzi e uomini tunisini, altre colleghe mi hanno confessato un rapporto di odio e amore.

“Quando sono là sto bene per un periodo, dopo una quindicina di giorni inizio a diventare insofferente, vedo i problemi, scappo via. Torno in Italia pensando che basta, questa volta non ci torno più. Ma dopo qualche tempo la Tunisia mi manca, e di nuovo so che tornerò. Che devo tornare”. La capisco. Capita sempre anche a me, con la differenza che comunque vada il soggiorno, quando il taxi mi porta all’aeroporto il cuore mi si lega. I primi tempi addirittura piangevo: iniziavo i giorni precedenti alla partenza e smettevo in aeroporto, ora tengo tutto dentro, ma la pena c’è sempre, anche se so che a breve potrò tornare.

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