Io non faccio le cose a metà – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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Io non faccio le cose a metà

“Io non faccio le cose a metà. Detesto le mezze misure” dichiarerà ad un giornalista una Leni Riefenstahl già affermata.

Una signora anziana, ma con un sorriso da ragazza, gli occhi che brillano: è in Africa, a realizzare uno dei suoi ultimi documentari. Una ragazzina, piena di fuoco e di talento, che lotta con il padre per intraprendere una strada da lui avversata, quella della ballerina. Una giovane donna che non si perde d’animo, e quando il mondo della danza suo malgrado la esclude, lei entra in quello del cinema, e lì sfonda. È Leni Riefenstahl.

“Come se si trattasse di una formula magica, appena ebbi pronunciato quel nome rimasi stregato”. Lilian Auzan è il giovane scrittore francese autore del volume, pubblicato quest’anno dalla Elliot, “Riefenstahl”. Curioso che uno scrittore del 1982 si interessi ad una signora del recente passato: da un documentario visto per caso in una notte estiva del 1996, quel volto lo avrebbe seguito per anni, scomparso dalla sua memoria e infine tornato: “Quella donna mi è rimasta attaccata a lungo. Spesso, quando chiudevo gli occhi, il suo volto mi appariva con una precisione impressionante”.

Fino a che l’ossessione diventò un libro. In copertina il volto bellissimo della protagonista, che viene raccontata, con capitoli brevi e leggeri (anche se ricchi di significato).
Da subito emerge il carattere di Leni: “Quella donna era bella, intelligente, entusiasta, delicata”. Ma anche un mostro di egocentrismo. “Sa di non essere una di quelle donne che si abbattono per niente. Non conosce il fallimento: degli ostacoli tutt’al più. È una donna potente, piena di talento, orgogliosa. (…) Oppone alla sofferenza un disprezzo d’acciaio”.

Leni, cioè Helena Bertha Amalia Riefensthal, è testarda. Ha le idee chiare: da giovanissima vuole essere una ballerina e per seguire la sua stella dovrà subito lottare, con la famiglia, con il destino. Appena arrivata nel mondo della danza, però, appena il suo nome inizia ad apparire su tutti i giornali, si fa male ad un legamento: è la fine della sua carriera di ballerina. Ma lei non è tipo da piangersi addosso, e ricomincia con il cinema, anche se come attrice non è un gran che, non si ferma. “Leni Riefenstahl guardava avanti, non indietro – si legge nel volume a lei dedicato- Aveva troppo da fare con se stessa. La sua rabbiosa ambizione le ha sempre dettato la strada da seguire”.

Leni veleggerà presto e con determinazione verso lidi importanti, anche se pericolosi, nella sua amicizia con Hitler.

Una fascinazione immediata, da parte di una donna che a neanche trent’anni, stanca di recitare sempre le stessi parti, decide di aprire una propria società di produzione, la Leni Riefenstahl Studio-Film GmbH, e diventare produttrice, regista e attrice dei suoi lavori.
“Questo Adolf Hitler è notevole! Lo conosci?” chiese a un suo assistente.
Stava leggendo ammirata Mein Kampf, e di lì a breve iniziò a lavorare per lui. “La visione era luminosa. Leni vedeva già come, sotto l’obiettivo della sua macchina da presa, sarebbe nato il sublime da ciascuno dei dettagli che aveva sotto gli occhi”. Venne scelta da Hitler perché in grado di trasformare la realtà in fiaba, in qualcosa di meraviglioso: “Leni Riefenstahl poteva trascendere la realtà. Era precisamente quello di cui Hitler aveva bisogno”. I suoi film coniugavano le sue arti tutte, le sue esperienze passate: lo studio del disegno, la coreografia delle danze, l’uso della regia e della recitazione, il suo bisogno di sognare, la sua fascinazione per i corpi perfetti.

La sua carriera, la sua stella, la sua leggenda culminarono e mai tramontarono con il nazismo, con una fascinazione per il Furer che lei subito considerò come il salvatore della patria (ma in questa sede non ci si vuole addentrare in un giudizio di tipo morale, ma solo affermare che per quanto i lavori della Riefenstahl fossero legati ad una filosofia terribile, le sue immagini rimangono meravigliose).

La fama arriva, e arrivano anche le critiche, le accuse di antisemitismo. Ma Leni è una lavoratrice indefessa e geniale, pronta a tutto pur di portare la sua gloria al mondo. É la regista del regime, ma è anche l’artista più nota, la più premiata, la più desiderata. “Berlino, Roma, Bruxelles, Parigi, Londra, Oslo: dappertutto in Europa non si parlava d’altro che del capolavoro della più celebre attrice e regista tedesca: Leni Riefenstahl. “Era incredibile. Era un’attrice prodigiosa, che sapeva che ruolo incarnare: il capo spietato, la donna ingenua, l’isterica capricciosa”.

Ma poi arriverà la guerra, e l’orrore che lei forse farà finta di non vedere.
Le accuse, l’oblio, il ritorno.

Negli anni successivi Leni Riefenstahl scoprirà il colore e la magia degli abissi marini (il suo primo amore fu la montagna), che la vedranno, anziana donna intrepida, in tuta da sub, a filmare i fondali. Sarà in Africa, avventuriera fra i Nubi, accompagnata nei suoi reportage da neri dai corpi perfetti (ancora la sua passione per la bellezza). Farà parlare ancora di sé, e morirà quasi a cent’anni; con il volto ancora bello anche se solcato dai segni del tempo, ma fino all’ultimo con lo sguardo vivo di una ragazza.

Rosita Ferrato

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