La beautè tunisienne – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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La beautè tunisienne

La bellezza a Tunisi è infinita. Se si tratta di paesaggi, colori, sapori, sorrisi, è immediata, direi quasi troppo facile, ne trovi in abbondanza e ad ogni angolo.

Diversa invece la questione estetica, sfumatura dialettica, ma di importanza fondamentale. Trovare un’estetica, intesa come istituto di bellezza, che nella capitale sia a livello di quella (mia) italiana è impresa difficile, per ora impossibile (ma continuerò ad esplorare fino a che non l’avrò vinta).

I paesi arabi amano la cura del corpo, sono esperti nella raffinatezza, hanno l’hammam, fior fior di istituti, la thalasso terapia, tutto vero ma…su questo fronte io non trovo una quadra.

Vi racconto le mie avventure.

Negli alberghi di lusso della costa va tutto bene, mi dicono, sono alberghi di lusso della costa, boh. Io vivo in centro città, quindi comunque devo fare diverso.

Dell’hammam tradizionale mi sembra di avere già parlato. È un’esperienza “mistica” , da fare almeno una volta nella vita. In una afosa giornata d’agosto di qualche tempo fa, mi sono ritrovata nella mani di un’energumena che non parlava francese (io allora non capivo una parola di tunisino) che per pochi dinari mi ha strigliata, girata come un’impanata, insaponata, presa a secchiate, e poi rispedita fuori (senza neanche il tempo di riprendermi). Ne sono uscita stravolta e pulita come mai nella vita, ma diciamo che una volta mi è bastata.

Messa una croce sopra al bagno turco tradizionale, mi sono lanciata nei quartieri chic alla ricerca di un centro non popolare. A Ennasr, la piccola Tripoli, mi sono detta, ce n’è uno ad ogni angolo, sicuramente qualcosa farà per me.

In un’altra giornata afosa in cui non avevo molto da fare quindi, ne ho scelto uno a caso e mi sono lanciata. Allora avevo i capelli a metà lunghi (quella maledetta testa che fa sì che si tagli per non essere in disordine). Era anni che volevo provare l’extension e così mi sono detta: questa è proprio la volta buona, e mi sono decisa.

Ho avuto nuove chiome fluenti, questo sì, e nel complesso è stato un esperimento divertente, ma la cosa mi ha procurato anche tanti nodi e qualche piccolo incidente cromatico.

“Assomigli al gatto” mi aveva detto il mio fidanzato una volta che ero riapparsa dopo ore da quel parrucchiere. Ricordo anche di una volta che ho avuto la malaugurata idea di cambiare le ciocche dell’estension il giorno prima di ritornare in Italia. Il mio (solito) fidanzato che aspettava al bar per passare con me gli ultimi momenti del soggiorno, a un certo punto mi ha data per dispersa: sono stata al lavatesta per più di 6 ore!

Cosa era successo, che le ciocche aggiunte, per una strana idea del destino (e della lavorante) erano virate al rosa, ed avendo io i giorni successivi un’intervista/incontro con il console albanese, una tenuta così variopinta non mi sembrava decorosa.

E allora decolora, ricolora, io con solo in testa l’orologio. Un’agonia!

Dopo quella volta, anche Ennars (dove sicuramente ci sono altri posti di altro livello, ma non ho più voglia di esplorarli) è stata cassata.

Ecco quindi la volta di un hotel di lusso nel centro della medina.

Ne avevo letto sul periodico La Gazelle, un’ottima pubblicazione che già in altre occasioni mi aveva aiutata in scoperte formidabili.

Bello l’albergo, molto invitante il posto, compreso di hammam. Bene, anzi ottimo, vado.

Arrivo in un ambiente antico, rimodernato, di quel lusso però un po’ asettico da 5 stelle che io non gradisco troppo. Ma bon.

Profumi e musica diffusa ovunque (entrambi mi snervano; lo so, sarò old fashion, ma perchè non proporre un luogo di silenzio assoluto? Costa niente ed è ormai una rarità).

Hostess gentili e un po’ stressate mi fanno cambiare, poi però mi lasciano al mio destino. Ma come?

Infatti non mi spiegano nulla. A Torino, nell’hammam, vado nuda e l’asciugamano lo trovo lì, ho un tempo (in genere mezz’ora) totalmente a me dedicato. Qui invece, scopro (troppo tardi) che ci vuole il costume da bagno. Accidenti! È inverno e io porto un body di pizzo finissimo che non vorrei sacrificare. Cosa fare? Per fortuna siamo in bassa stagione e nessun altro sta usando il bagno turco. Bene.

Rimango dentro i vapori, il luogo è magnifico.

Peccato che nessuno mi abbia detto cosa dovrò fare, per quanto tempo devo restare, quali le prossime mosse e chi sarebbe arrivato a fare cosa. Ho prenotato un massaggio, manicure e pedicure, ma quando, come, chi? Essendo che il tempo passa e io sono lessa. mi sento abbandonata! Quanto tempo è passato, ma farà bene stare così a lungo? Mi avranno dimenticata?

Finalmente arriva una signorina e mi indica l’uscita, non mi dà un ricambio per l’asciugamano fradicio (in realtà me ne lascia uno asciutto sulla porta della doccia, ma essendo che non me lo dice, non lo vedo e rimango con la stoffa bagnata addosso per un’ora). E io non dico nulla, pensando sarebbe arrivato qualcosa o qualcuno a stretto giro, invece vengo parcheggiata in divanetto in una sala molto chic.

È un bellissimo posto, devo ammettere, con materassini colorati, con accanto ad ognuno frutta fresca, datteri, dell’acqua, tendaggi leggeri che separano gli spazi.

Dopo 5 minuti però mi annoio e inizio a farmi delle domande: ma cosa ci faccio qui? Si sono (di nuovo) dimenticate di me? Nell’aria rotea, come nel mio cervello, oltre alle varie domande, una musica sempre uguale (e la ritroverò quando tornerò, perchè io tornerò visto che la natura umana in fatto di masochismo non ha limiti) che inizia a darmi sui nervi.

Fermo una masseuse, le chiedo spiegazioni. Devo averle fatto pena, oltretutto nota che sono avvolta da uno straccio bagnato e viene in mio soccorso portandomi finalmente l’agognato asciugamano asciutto, scusandosi profondamente. Mi spiega infine il programma: tre trattamenti, tra uno e l’altro relax.

Relax?

Io forse non sono in armonia con i tempi di qui, ma per me sono tempi biblici. A Torino tutto è veloce e preciso, qui dovrò stare delle ore!

Sono sempre più nervosa, tutto è fatto nel migliore dei modi, ma con gesti eterni, e io che sono infreddolita, snervata dalla musica (che non riesco a far spegnere né abbassare) dopo un paio d’ore non ne posso già più. Alla fine dei trattamenti (è calato il sole) mi chiedono se voglio tornare sui divanetti a rilassarmi. Vorrei dire loro che piuttosto preferirei sparami, ma non mi sembra carino, preferisco scappare e promettermi di non tornare più.

Infatti a quel punto devo di nuovo cercare un’alternativa.

Vicino a casa c’è un altro hotel, la prossima volta ci provo.

Passano dieci giorni ed eccomi di nuovo in caccia. Mi soffermo a studiare questo nuovo posto di cui vi parlavo, che al primo sguardo ha uno stile meno fighetto e più ruspante rispetto all’altro. Fuori c’è un’insegna con il petto di un uomo mezzo depilato mezzo no e una sposa sorridente, bionda e tutta ben truccata. Bah, provo.

Scendo nel seminterrato, dove mi accoglie una signora ossigenata dall’aria vispa, che dal modo di fare e dall’abbigliamento potrebbe essere la tenutaria di una maison close (neanche tanto di lusso). La tipa però è bella e mi è simpatica, chissà che non sia brava nei trattamenti.

Mi accoglie con un sorriso, mi trova gradevole anche lei, evidentemente. Ma la simpatia sconfina troppo presto nella confidenza eccessiva, quando mi chiede se possiamo fare una foto insieme. “Sai, assomigli tanto a Celine Dion, la mia cantante preferita”. Da lì in poi, quindi, ignorando il mio nome, inizia a chiamarmi Celine.

Celine Celine Dion, è uno spasso continuo, grosse risate. Io non sono d’accordo: non che la cantante non sia brava, ma modestamente mi ritengo decisamente più bella, e il paragone non mi entusiasma.

Ma andiamo avanti: Massage? Massage. Mi mette su un lettino duro in uno stanzino separato dal resto dell’ambiente da una tenda (siamo solo io e lei, va bene così), e inizia a fare il suo lavoro, direi molto bene, ho delle tensioni alle scapole che mi scioglie in pochi minuti.

Il problema però, è di nuovo la musica. È un genere che preferisco a quello ritenuto chic dell’hotel di lusso, qui è un hard rock americano, ma come sottofondo per un massaggio è decisamente poco adatto. Provo a resistere. Non ce la faccio. Le dico: la può abbassare per favore? Eeeh? Risponde lei. Non sente, la mia voce è coperta dai metallari. Infine capisce, abbassa un po’, ma la tiene. Spegnerla sarebbe l’ideale, ma no, niente da fare.

Torno comunque anche qui un’altra volta (per mancanza di alternative e un impulso inspiegabile all’autolesionismo) e la signora bionda mi accoglie come sempre con un caloroso: Bonjour Celine, ca va? Prima di cominciare mi parcheggia in un locale triste, ma più genuino, dove si può fumare (sarà giusto? Forse no, ma non è su queste cose che sto a sindacare), poi però parte un’attesa troppo lunga.

Inizio a tamburellare con le dita sulla poltrona, dove la bionda fan della cantante canadese (quel giorno ha una tenuta con bustino e tacchi a spillo) mi fa aspettare più di mezz’ora.

Pardon pardon, Celine Dion, la cabina del massaggio è allagata, adesso arriva l’idraulico. Va bene, infatti vedo dell’acqua sul pavimento.

Nessun problema, ma sai che c’è? Au revoir, ci vediamo un altro giorno.

Ah, che peccato. Vuoi prendere un altro appuntamento?

Certo cara. Ti chiamo io (formula classica dal significato inequivocabile).

Ob torto collo torno nel centro pretenzioso. Le signorine già mi trattano come una strana (non si rilassa mai quella donna lì, credo pensino) riprovo un massaggio (non è che me l’ha ordinato il medico, ma sono tra quei piaceri della vita a cui non voglio rinunciare) mani e piedi (queste invece sono necessità per ogni donna). Cabina con la solita musica: chiedo alle lavoranti, per creare un feeling di un qualche tipo: ma a voi non dà fastidio sentire lo stesso motivo che si ripete per delle ore? Certo, mi confessano rassegnate, ma non possiamo farci niente, quindi alla fine non la sentiamo neanche più.

Dopo mani e piedi, il solito parcheggio nella sdraio (dove questa volta mi passa accanto e mi si piazza di fianco un panzone tedesco in costume da bagno), poi l’attesa, una mancata chiacchiera con il panzone (non sono dell’umore) e infine mi portano al massaggio.

Dovete sapere (tanto ormai, di me sapete già quasi tutto) che ho la pelle molto delicata, quindi non gradisco massaggi troppo energici. Mi spiegavano a Torino (al mio centro estetico. Ah, il mio centro estetico!!!) che rispetto agli arabi, gli occidentali, e non parliamo dei piemontesi, hanno una pelle molto più delicata, quindi i trattamenti devono variare, essere meno intensi. Ma qui forse non lo sanno. O se ne fregano.

Una volta sdraiata sul lettino (ma non rilassata, quello mai) ho spiegato alla signorina della mia epidermide sabauda, delle mie ansie e quindi please di non essere troppo energica. Costei, pur lavorando in un albergo di lusso, non parla, scopro, una parola di inglese né di francese. Capisce però (al contrario) il termine energico e questo lo esprime perchè mi dice Forte forte, bene Madame, e animandosi tutta inizia a strapazzarmi. Stesso risultato (al contrario) per la musica, che invece di abbassare alza, pensando di farmi piacere.

Sotto le sue manone, con la musica forte nelle orecchie, mi rassegno. O litigo, o mi metto a piangere o aspetto pazientemente che quest’ora di tortura passi (un’ora tra l’altro pagata salata).

Ok, un altro posto dove andrò solo più a prendere un caffè sulla terrazza.

E allora, che fare?

Scartato a plus jamais il parrucchiere dietro l’hotel Afriqa dove mi hanno scaldato la testa con il fon fino a bruciarmi il cuoio capelluto per fare attecchire meglio l’henne, nonché la ragazza vicino ai mercati generali che per 10 dinari ti mette lo smalto come te lo metteresti tu, che fare?

La regola è d’oro, ed è il buon senso delle nonne: smettere di lamentarsi e farsi le cose da sé. Approfittare il più possibile del mio centro di Torino quando sono là (ah, il mio centro di Torino!!!!) e una volta a Tunisi improvvisarmi estetista. What else? Ecco, meno male che a casa, almeno per i massaggi, ho un allegro volontario.

ps. dimenticavo: la prima volta a Ennasr che ho chiesto mani e piedi più depilazione, una addetta, mentre si accaniva su di me parlando al telefono con suo figlio, si è avvicinata minacciosamente con la cera al dorso dei miei piedi. L’ho fermata: madame cosa fa? Le ho chiesto.

Pensavo avesse dei peli da togliere sui piedi, m’dmoiselle, mi ha risposto; sa, io ce li ho sul viso ed è una cosa così imbarazzante …

Insomma, la morale è: mai rilassarsi a Tunisi in un centro estetico, ne entri in disordine, ma non sai mai come ne esci!

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