Torino, città dei balocchi – Rosita Ferrato, giornalista, scrittrice, fotografa
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Torino, città dei balocchi

Un “bosco finto” nella piazza più grande d’Europa, delle sedie a sdraio nella piazza più bella del mondo, gente che corre sopra dei tapis roulant nella piazza del castello più affollata della metropoli. Nei fine settimana, nei giorni feriali, perfino in orari lavorativi, sempre e sempre più. Più frequenti e più stupide: queste sono le manifestazioni che Torino offre ai suoi cittadini? Un popolo di immaturi cresciuti ed evanescenti che vanno intrattenuti: con merce scadente, di poca riflessione, banale, sciatta, che stordisce con la luce e il rumore e la mancanza di contenuti, e lascia instupiditi.

Le piazze, gli slarghi delle nostre belle strade, gli angoli ampi su cui incidono i nostri palazzi vengono continuamente e letteralmente invasi da gazebo, tende, bancarelle, sempre e sempre più. Il centro storico vanta ancora gioielli di negozi come quello di via San Tommaso, dove due super nonne ti fanno assaggiare i loro formaggi preziosi, con la passione e la competenza di altri tempi, ma sono esempi sempre più rari che vanno scomparendo. Al posto di negozi storici (le cartolerie, le botteghe, le belle librerie che hanno reso ancora più regale la nostra Torino) , compaiono ovunque jeanserie e attività mangerecce di ogni tipo : kebab, sushi, piadine, pizze, calzoni. Manco l’individuo non avesse in mente altro che mangiare e vestirsi. E il cibo dell’anima? Quella tanto citata cultura, è davvero in crisi nei suoi contorni sfumati? Destinata davvero a svanire per sempre?

Torino è città regia. Ci fa caso lo straniero: regia la farmacia, il teatro, e dedicate a re e regine spazi, piazze, vie. Era città grigia un tempo, un po’ come il carattere dei suoi abitanti: un po’ snob, un po’ chiuso, ma elegante, tradizionale, che male tollerava le interferenze un po’ fieresche e le manifestazioni troppo chiassose. Il torinese brontolò molto per le Olimpiadi, e si sbagliava. Non brontola più adesso, che è sommerso da quotidiana banalità. Forse è assuefatto, forse si è arreso al peggio. Forse è scappato.

Aree pedonali invase da mendicanti sempre più numerosi, suonatori ambulanti che scassano i timpani con gli amplificatori, dehors di locali che invadono la quiete notturna delle strade ampie e minano la tranquillità del cittadino che tanto fece, magari mezzo secolo fa, per conquistarsi una casa in una bella zona. E sembra che ogni giorno una fiera si allestisca per “intrattenere” il cittadino-bambino che non sa e non vuole crescere. “Un po’ di vita!” dicono alcuni. Ma che vita? viene da chiedere… Una vita che assorda, confonde, stordisce, e lascia ignoranti come prima.

Perché non imporre al cittadino della vera cultura (oltre ad alberi veri e panchine, posti puliti e gradevoli dove gli anziani possano riposarsi e la gente socializzare)? Perché non dargli meno chiasso e confusione, ma qualcosa che lo faccia crescere e riflettere? Imporgli la cultura: in mancanza d’altro, almeno per mancanza di alternative, se la berrà,e magari gli piacerà pure.
Vi racconto una storia. Una ragazza aveva un giorno un fidanzato ignorante. Ma molto ignorante. Di quei tipi che guardano i programmi di Maria De Filippi, il calcio e poco altro. Di quelli che non leggono un libro e che si esprimono come possono. Un’estate i due andarono in vacanza in Francia (era qualche anno fa e la tv d’oltralpe era migliore di quella di adesso) e uno dei pochi canali visibili in chiaro alla tele era ARTE. Il nostro somarello di boyfriend non solo iniziò ad appassionarsi ai documentari su Cuba, sull’Antartide, sulle rane toro, sullo stretto di Gibilterra, sul periodo della Guerra Fredda, ma sviluppò anche delle curiosità per allargare i suoi orizzonti e imparò qualcosa. Ma soprattutto imparò che si poteva prendere gusto ad imparare… Capito?

Cari amministratori, fate crescere il cittadino “bambino”: portatelo ai musei, distoglietelo dalle piazze, agganciatelo alle nostre belle biblioteche, e in strada dategli in pasto qualcosa di serio, di affascinante, ma vero. Il paese dei balocchi lo trastulla ma non lo aiuta. Invitatelo a riflettere, pensare: fategli venire in mente delle domande. Fate sì che sviluppi il senso civico, attraverso la conoscenza dei luoghi e della storia, e delle belle tradizioni e che coltivi l’amore per il suo paese, per la sua città. Avete visto quante bandiere dell’Italia a Torino? è un bel segnale: perché non aiutate a saziare questa fame dell’anima?

Rosita Ferrato

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